Una definizione di volontà secondo Umberto Galimberti

Parallelamente alla pratica della volontà trovo necessario anche approfondire la conoscenza teoria e queste appunto (lo studio e la pratica) solo le prime due linee di lavoro.

Oggi, passando dalla biblioteca di Lainate mi sono imbattuto nel dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti e con grande curiosità l'ho aperto sulla voce volontà.

Definizione di Volontà

Volontà (ingl. will); ted. Wille; fr. volonté Principio dell'azione consapevole in vista di un fine da raggiungere. La volontà è stata trattata come una delle facoltà spirituali nell'ambito della filosofia a partire dai greci che la concepirono come la risultante di appetito e ragione, nel senso che la ragione approva o disapprova l'oggetto appetibile, delibera circa i mezzi necessari per raggiungerlo per poi accedere alla volozione che si attua nell'azione.

La psicologia, rinunciando alla ricerca dei principi e abbandonando la dottrina delle facoltà dell'anima, cessò di prendere in considerazione la nozione di volontà perchè troppo astratta e non suscettibile di controlli sperimentali, preferendo o una visione deterministica della psiche (determinismo) o la sostituzione del termine volontà con la coppia di termini: motivazione e inibizione.

Ciò non impedì che la parola continuasse a essere impiegata nell'uso discorsivo, sia nell'ambito della psicologia scientifica, sia in quello della psicologia del profondo.

Nella psicologia scientifica

A livello fisiologico si distinguono i movimenti volontari dai movimenti riflessi, con riferimento ai muscoli controllati dai centri superiori del cervello, rispetto ai muscoli controllati da archi riflessi. Per analogia, la psicologia tradizionale distingueva l'atto volontario che è cosciente, ponderato, adattato a un fine in riferimento al quale è in grado di organizzare delle azioni o di differirle nel tempo, dall'atto riflesso o automatismo che non ha queste caratteristiche.

A partire da queste premesse l'atto volontario è la sintesi di quattro elementi

Nota Personale: R. Assagioli ne aggiunge due. L'elemento dell'affermazione e l'elemento della pianificazione (vedi il libro L'atto di volontà.)

Tutto ciò comporta un intervento dell'intelligenza, dell'apprendimento e della consapevolezza, oltre alle nozioni di decisione autonoma, libertà e responsabilità in ordine alla deliberazione a all'esecuzione. L'implicanza di tutti questi fattori evidenzia che il concetto di volontà è definibile solo mobilitando l'intera personalità dell'individuo, sia a livello pulsionale in ordine al prevalere di un desiderio o di una tendenza affettiva dominante rispetto alle altre, sia a livello intellettivo in ordine alla rappresentaione che si impone come fine tra le molte possibili, sia a livello comportamentale in ordine alla scelta dell'azione più idonea per il conseguimento dello scopo.

Una volta accolto il concetto di volontà, si può parlare di patologia della volontà per tutte quelle situazioni caratterizzate da indecisione, perplessità, dubbio, conflitto che portano a incapacità di risolversi nell'azione volontaria.

A ciò si aggiunge l'impsulsività che porta all'azione non concedendo spazio alla rappresentaione e alla deliberazione, la carenza (ipobulia) o la mancanza (abulia) di volontà che si risontra nelle depressioni, negli stati confusionali, nelle demenze, e nei comportamente negativistici di tipo catatonico, dove la volontà sembra del tutto annullata.

In pedagogia, dove la nozione di volontà è accolta e impiegata senza un'eccessiva problematizzazione, si fa della libertà dell'atto volontario il fondamento dell'educazione, la quale opera anche sui condizionamenti che inclinano l'atto volontario verso determinati fini rispetto ad altri.

Il concetto di volontà nella psicologia del profondo (Freud, Adler, Jung)

Il concetto di volontà non fa parte della teoria psicoanalitica elaborata da S. Freud perchè incompatibile con l'assunto del determinismo psichico e con la concezione della nevrosi, causata da processi inconsci, a cui la nozione di volontà non è applicabile.

In questo contesto resta il problema di giustificare il concetto di motivazione, difficile da ricondurre esclusivamente all'ordine pulsionale.

Nell'ambito della psicologia individuale A. Adler parla di volontà nell'accezzione di volontà di potenza come tentativo di compensazione di complessi di inferiorità, mentre nella psicologia analitica C.G.Jung scrive: "Per volontà intendo la somma d'energia psichica della quala la coscienza può disporre. Il processo di volizione sarebbe pertanto un processo energetico che è attivato da una motivazione cosciente. Non chiamerei quindi volitivo un processo psichico determinato da una motivazione inconscia. La volontà è un fenomeno psicologico che deve la sua esistenza alla civiltà e all'educazione morale, ma che manca qualsi completamente alla mentalità primiviva."

Volizione (ing. volition; ted. Willensausserung; fr. volition)

Atto intenzionale che precede e presiede le azioni volontarie dove il soggetto è in certa misura un libero agente che mette in atto un comportamento in vista di uno scopo che si prefigge di raggiungere. Nella volizione è possibile destinguere un momento mentale che è l'anticipazione della condotta, e uno operativo che è la sua esecuzione.

Liberamente tratto dal dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti.


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